Recentemente, il Dipartimento delle Politiche Antidroga della Presidenza del Consiglio ha pubblicato delle note dal titolo DDL Sicurezza: chiarimenti sull’emendamento “cannabis” riguardanti la coltivazione e la commercializzazione della canapa industriale in Italia. È fondamentale analizzare attentamente le normative nazionali ed europee per chiarire alcuni punti cruciali e dissipare eventuali fraintendimenti.
Quadro Normativo Europeo sulla Canapa Industriale
Il regolamento europeo che esclude le varietà di canapa iscritte nel Catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole dalla Convenzione sugli stupefacenti è il Regolamento (UE) n. 1307/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013.
In particolare:
-Articolo 32(6): assicurazione che le superfici coltivate a canapa sono ammissibili ai pagamenti diretti solo se le varietà utilizzate hanno un tenore di tetraidrocannabinolo (THC) non superiore allo 0,2% (soglia innalzata allo 0,3% con la nuova PAC 2023-2027).
-Direttiva 2002/53/CE del Consiglio del 13 giugno 2002: riguarda il Catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole, in cui sono elencate le varietà di canapa autorizzate per la coltivazione nell’UE.
Questi atti normativi stabiliscono che le varietà di canapa iscritte nel Catalogo comune e con un contenuto di THC inferiore alla soglia stabilita non sono considerate stupefacenti ai sensi della normativa dell’UE. Di conseguenza, sono esclusi dall’applicazione della Convenzione unica sugli stupefacenti del 1961, permettendo la loro coltivazione e commercializzazione all’interno dell’Unione Europea.
Normativa Italiana: Legge n. 242 del 2016
In aggiunta, in Italia, la Legge n. 242 del 2 dicembre 2016 (“Disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa”) annuncia che la coltivazione di canapa delle varietà iscritte nel Catalogo comune dell’UE, con un contenuto di THC entro il limite dello 0,6%, non è soggetta alle disposizioni della Legge n. 309 del 9 ottobre 1990 (“Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope”).
In particolare, l’Articolo 2 specifica:
La presente legge si applica alle coltivazioni di canapa delle varietà ammesse iscritte nel Catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole, ai sensi dell’articolo 17 della direttiva 2002/53/CE del Consiglio, del 13 giugno 2002, le quali non rientrano nell’ambito di applicazione del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309.
Produzione e Commercializzazione delle Infiorescenze
La produzione e la commercializzazione delle infiorescenze di canapa non sono avvenute illecitamente dopo l’entrata in vigore della legge n. 242 del 2016. La Circolare del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali del 22 maggio 2018, intitolata “Chiarimenti sull’applicazione della legge 2 dicembre 2016, n. 242”, ha fornito importanti precisazioni in merito.
In particolare, la circolare afferma:
“Con specifico riguardo alle infiorescenze della canapa, si precisa che queste, pur non essendo citate espressamente dalla legge n. 242 del 2016 né tra le finalità della coltura né tra i suoi possibili usi, rientrano nell’ambito dell’articolo 2, comma 2 , lettera g), rubricato ‘Liceità della coltivazione’, ossia nell’ambito delle coltivazioni destinate al florovivaismo, purché tali prodotti derivino da una delle varietà ammesse, iscriviti nel Catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole, il cui contenuto complessivo di THC della coltivazione non supera i livelli di stabilità dalla normativa, e sempre che il prodotto non contiene sostanze dichiarate dannose per la salute dalle Istituzioni competenti.”
È importante sottolineare che il termine “cannabis light” è una denominazione giornalistica non riconosciuta ufficialmente nella filiera della canapa industriale.
Per rispettare le normative vigenti e prevenire usi impropri, sulle etichette dei prodotti commercializzati è generalmente escluso l’uso umano diretto, riportando avvertenze come “non fumare” e “non ingerire”. Questo approccio è adottato per sottolineare che i prodotti non sono destinati al consumo umano, mai consentito, ma possono avere altri utilizzi, ad esempio collezionismo o ornamentale.
Il CBD e gli Effetti Psicotropi
Il cannabidiolo (CBD) è privo di efficacia psicotropa, come comprovato da numerosi studi scientifici e riconosciuto in ambito giuridico. Le sospensioni del TAR hanno impedito l’inclusione del CBD nelle tabelle delle sostanze stupefacenti, confermando la sua legalità nell’ambito delle normative vigenti.
Le infiorescenze di canapa con THC entro i limiti legali non producono effetti psicotropi tali da alterare lo stato psicofisico dell’assuntore e, pertanto, non rappresentano un rischio per la sicurezza o l’incolumità pubblica. A sostegno di ciò, la Decisione n° 444887 del Consiglio di Stato francese ha annullato il divieto di vendita di fiori e foglie di cannabis con un livello di THC inferiore allo 0,3%, riconoscendo che il CBD non è un prodotto stupefacente e che non vi sono rischi per la salute pubblica.
In Italia, la Circolare del Ministero dell’Interno del 31 luglio 2018, firmata dall’allora Capo di Gabinetto Matteo Piantedosi, affronta gli aspetti giuridico-operativi connessi alla commercializzazione delle infiorescenze di canapa a basso tenore di THC. Nelle considerazioni al punto 2, lettera c), si afferma che le infiorescenze di canapa con tenore di THC superiore allo 0,5% rientrano nella nozione di sostanze stupefacenti. Ciò implica che le infiorescenze con un tenore di THC inferiore allo 0,5% non sono considerate sostanze stupefacenti e, quindi, la loro commercializzazione non rappresenta un rischio per la sicurezza pubblica.
La giurisprudenza consolidata indica che i livelli minimi di principio attivo (THC) compatibili con la natura di sostanza stupefacente sono quelli in grado di mettere in pericolo la salute dell’assuntore e di determinare, anche in minima parte, uno stato psicoattivo. Per la cannabis, studi di tossicologia forense e la letteratura scientifica individuano tale soglia attorno ai 5 mg di THC, che, in termini percentuali, equivalgono allo 0,5% di THC in 1 grammo di infiorescenza. Quantitativi inferiori a questa soglia non sono idonei a produrre effetti psicotropi significativi.
Importanza economica delle infiorescenze nella filiera della Canapa
Il valore reddituale delle infiorescenze è cruciale per sostenere economicamente l’intera filiera della canapa. I proventi derivanti dalla loro vendita permettono agli agricoltori di investire nello sviluppo di altre filiere, come quelle dello stelo e del seme, favorendo così l’espansione dell’industria canapicola nel suo complesso.
La Circolare del Ministero delle Politiche Agricole riconosce la produzione di infiorescenze nell’ambito del florovivaismo, confermando che la loro coltivazione e commercializzazione sono attività legittime e previste dalla normativa.
Utilizzo di Foglie e Infiorescenze in Cosmetici con CBD
La Direzione Generale del Mercato Interno, dell’Industria, dell’Imprenditoria e delle PMI della Commissione Europea, il 3 febbraio 2021, ha aggiornato il database CosIng , inserendo tra gli ingredienti cosmetici:
• CANNABIDIOLO – DERIVATO DALL’ESTRATTO O DALLA TINTURA O DALLA RESINA DI CANNABIS
• ESTRATTO DI FOGLIE DI CANNABIS SATIVA
Questo significa che non solo i semi, ma anche altre parti della pianta come le foglie e le infiorescenze, possono essere utilizzate nella produzione di cosmetici, in conformità con le normative europee.
Riconoscimento dell’Uso di Tutte le Parti della Pianta
La sentenza del TAR del Lazio n. 02613/2023 ha annullato il decreto ministeriale del 21 gennaio 2022, che limitava l’impiego delle piante officinali ai soli semi e derivati dei semi, escludendo foglie, fiori, radici e germogli. Il TAR ha riconosciuto che tale restrizione era illegittima, riaffermando il diritto di utilizzare tutte le parti della pianta, comprese le infiorescenze.
Inoltre, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, nella sentenza C-663/18 del 19 novembre 2020, ha stabilito che gli articoli 34 e 36 del TFUE impediscono a uno Stato membro di vietare la commercializzazione di CBD legalmente prodotto in un altro Stato membro, anche se estratto dall’intera pianta di cannabis e non solo da fibre e semi. Ciò conferma che l’uso di tutte le parti della pianta, comprese le infiorescenze, è consentito e tutelato a livello europeo.
Considerazioni finali sulla Legge 242/2016 e la Sentenza della Cassazione
La legge 242/2016 promuove la coltivazione e la filiera agroindustriale della canapa, e sebbene non menzioni esplicitamente le infiorescenze tra i prodotti elencati, questo elenco è da intendersi esemplificativo e non tassativo. Ciò significa che la produzione e la commercializzazione delle infiorescenze di canapa non sono vietate dalla legge, purché il contenuto di THC sia entro i limiti legali.
A supporto di questa interpretazione, la Circolare del Ministero delle Politiche Agricole ha chiarito che la produzione di infiorescenze rientra nella categoria del florovivaismo (punto g dell’articolo 2 della legge 242/2016). Questa circolare riconduce ufficialmente la produzione di infiorescenze nell’ambito delle attività consentite, confermando la legittimità della loro coltivazione e commercializzazione.
Per quanto riguarda la sentenza delle Sezioni Unite Penali della Suprema Corte di Cassazione del 30 maggio 2019, è fondamentale precisare che la Corte ha stabilito che la commercializzazione di prodotti derivati dalla canapa è lecita se tali prodotti sono privi di efficacia drogante. In particolare, la Corte ha affermato:
“La cessione, la vendita e, in genere, la commercializzazione al pubblico dei prodotti derivati dalla coltivazione della cannabis sativa L., quali foglie, infiorescenze, olio, resina, costituisce reato ai sensi del DPR n. 309/90, salvo che tali prodotti sono in concreto privi di efficacia drogante.“
Questo significa che la produzione e la vendita delle infiorescenze di canapa sono consentite purché il contenuto di THC sia talmente basso da non produrre effetti psicotropi, rispettando i limiti stabilità dalla legge e garantendo l’assenza di efficacia drogante.
Conclusione
Alla luce delle normative europee e nazionali, delle circolari ministeriali e delle sentenze giurisprudenziali, emerge chiaramente che la produzione e la commercializzazione delle infiorescenze di canapa con un contenuto di THC entro i limiti legali sono attività legittime. Queste attività non rappresentano un rischio per la salute pubblica né per la sicurezza, in quanto i prodotti non hanno effetti psicotropi e non alterano lo stato psicofisico dell’eventuale assuntore.
Le infiorescenze segnano la maturazione della pianta, e gli agricoltori che coltivano canapa, anche per finalità diverse, devono necessariamente detenere e lavorare le infiorescenze. Il seme stesso viene estratto meccanicamente dal fiore, rendendo impossibile separare completamente le due cose.
Inoltre, esiste un tavolo tecnico istituito presso il MASAF con la partecipazione di professionisti, associazioni di categoria ed enti pubblici, creato per affrontare le tematiche relative alla coltivazione e all’utilizzo della canapa. Questo tavolo tecnico ha elaborato proposte e linee guida per il settore, ma tali contributi non sono stati adeguatamente considerati in quanto attualmente in fase di stallo. Ignorare le competenze e le indicazioni degli esperti del settore rappresenta una mancanza nel processo decisionale, che potrebbe portare una normativa non allineata con la realtà operativa e le esigenze del mercato.
È fondamentale adottare un approccio normativo coerente che sostiene gli agricoltori e l’industria della canapa, promuovendo lo sviluppo economico e garantendo al contempo la tutela della salute pubblica.